Le inquadrature della frontiera tra Stati Uniti e Messico recano il marchio fiammeggiante della poetica di Cormac McCarthy, un immaginario fatto di sterpaglia che attraversa il confine sospinta dal vento, di nugoli di polvere che si levano all’orizzonte, e di esistenze disperate che trovano la vita o la morte (più spesso la morte) al di là di quella stessa barriera. The Counselor, seconda sceneggiatura originale per McCarthy dopo quella di The Gardener’s Son (1976), si apre proprio sul paesaggio desolato della frontiera, a dimostrazione di quanto il film sia riconducibile più al grande scrittore americano che al regista Ridley Scott, qui silenziosamente al servizio di un copione che costruisce la suspense attraverso i duelli verbali, svelando subito la matrice letteraria del suo autore.
La storia dell’avvocato senza nome interpretato da Michael Fassbender è segnata da una commistione di avidità e lussuria, dépense e ostentazione del superfluo, che conduce lui e i suoi complici sul sentiero dell’autodistruzione, sorte inevitabile per un cast di personaggi accomunati da un’esile fibra morale e da un elevato tasso di corruttibilità. Nessuno è innocente in The Counselor, nessuno “porta il fuoco”: la sopravvivenza è materia per chi sfodera gli artigli più affilati, secondo quel principio dell’homo homini lupus che regola tutti i mondi narrativi di McCarthy.
In tal senso, la caratterizzazione del protagonista appare paradossalmente come la più debole del film, poiché ritrae, più che un individuo vero e proprio, un emblema universale, e si fa simbolo di un’insoddisfazione non giustificata dal suo status socio-economico (la vita dell’avvocato è già di per sé molto agiata), bensì dal banale desiderio di un guadagno facile, dall’incapacità di apprezzare ciò che già possiede, abbagliato com’è dal baluginio volgare dei gioielli che adornano l’elettrico Javier Bardem e la sua compagna Cameron Diaz. Proprio su quest’ultima sembra che McCarthy abbia compiuto il lavoro di rifinitura più accurato: lussuriosa e imprevedibile, cinica e pragmatica, ma con una lieve sfumatura emotiva che ne accentua l’ambiguità, suscita una concreta inquietudine quando lascia emergere il suo lato più oscuro, che si manifesta nei ricatti del sesso o nella spietatezza delle strategie machiavelliche. «Where women are concerned, they’ve got their own agenda» sostiene il personaggio di Bardem, tormentato da un misto di attrazione e terrore nei confronti dell’animo femminile.
Su tutto dominano quelle frasi che “possono dare la vita o impartire la morte”, come diceva Saul Bellow a proposito della scrittura mccarthiana. Dialoghi elaborati, disillusi, filosofici, che aumentano lo spessore di una trama forse sin troppo elusiva nel raccontare l’intreccio criminoso, ma che al contempo schiva il rischio di precipitare in risvolti didascalici o eccessivamente descrittivi. Scott, da parte sua, riesce a offrire un supporto adeguato alla sceneggiatura con soluzioni visive semplici e immediate, lasciando respirare il paesaggio della frontiera in campi lunghi o lunghissimi, e adottando tagli luministici che valorizzano l’immersione dei volti e dei corpi nell’ambiente circostante. Nemmeno la sua esperienza di narratore per immagini, sempre attento ai tempi del racconto, può però evitare il deterioramento che si verifica nell’ultimo atto, quando la storia perde compattezza e, a tratti, sembra girare a vuoto, salvo poi recuperare tensione nell’epilogo: ogni personaggio incontra la propria sorte, compiendo la sua personale traiettoria all’interno di una cupa parabola tragica.
Non c’è possibilità di redenzione nell’universo di McCarthy, non c’è alcuno spazio per la catarsi né per l’irrazionale sfogo emotivo della vendetta, mentre ogni prospettiva di serenità è destinata a rivelarsi illusoria. The Counselor trascende il modello hollywoodiano per scardinarne i meccanismi narrativi più rassicuranti, disegnando un orizzonte sanguinario dove le leggi della frontiera sono rimaste le stesse, e l’ineluttabilità del male governa le fragili esistenze degli uomini.
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I buoni dialoghi sono l’unica cosa che si salva del film